giovedì 29 dicembre 2011
Libero lui, rinchiusa io.
venerdì 7 ottobre 2011
Avvicinandosi alla decisione.
lunedì 12 settembre 2011
Se vuoi andare, vai.
"Parlo a nome mio, ma anche a nome di tua madre, che non ha nè la forza nè il coraggio di farlo. Sono felice che tu oggi sia venuta da me. Ti aspettavo e se tu non fossi arrivata, sarei venuto io, ma non è facile trovare le parole giuste per esprimere il proprio dolore, le proprie paure e la delusione. Ti amiamo più della nostra stessa vita, ma non puoi capirlo ancora. Saprai cos'è l'amore di un genitore, solo nel momento in cui lo diventerai.
Quindi non puoi neppure immaginare cosa abbia significato per noi, leggere quel diario..
Perchè sai benissimo che, spinti dal dolore, l'abbiamo fatto...
Non puoi sapere quindi, cosa ha voluto dire prendere coscienza che la propria figlia, negli anni più belli della sua vita, ha subito umiliazioni e violenze. E violenze.."
E nel ripetere la parola violenze, mi accarezzò i capelli.
"Auguro a te, di non provare mai un dolore simile a questo.
L'istinto immediato, è stato quello di partire, raggiungere quella persona, ovunque fosse, e mettere fine a quella insulsa e stupida vita che si ritrova.
Ma abbiamo sempre cercato di insegnarti che l'istinto spesso va domato, e che prima di agire bisogna razionalizzare un minimo. Ed è per questo che sono ancora qui.
Ma quella persona, perchè per me non ha un nome, deve sperare che la sua strada non incroci mai la mia.
Hai tradito la fiducia che ti abbiamo dato da sempre, ci hai mentito su tutto..."
" Ecco i caffè..."
La voce del cameriere mi spaventò. Non l'avevo visto arrivare, perchè avevo gli occhi innondati di lacrime, trucco che colava ovunque e mani bagnate, che continuavo a sfregare sugli occhi e sotto il naso. Cazzo, pensavo, non mi sono manco portata i fazzolettini di carta.. Ma il mio era un modo per sottrarmi relativamente alla cascata di parole che stavano bombardando la mia mente.
Sentivo il dolore di mio padre, e lo stavo facendo mio. Mi faceva male anche il cuore.
" A questo punto Manuela, devi riflettere e prendere una decisione. Noi non possiamo impedirti di fare ciò che senti. Legislativamente parlando. Potessimo, ti porteremmo via, lontano da quella famiglia, ma otterremmo solo il risultato opposto. La tua ribellione sarebbe naturale e automatica.
E allora ti dico questo.. Se hai deciso di seguire quelle persone, di fare quella vita e di continuare a farti umiliare, vai a casa, prendi tutte le tue cose e vai. Vai oggi stesso. Ma dal momento in cui uscirai dalla porta della tua casa, dimenticati di avere dei genitori . Dimenticati di avere una famiglia gagè , come tante volte l'hai chiamata nel tuo diario. Perchè noi non abbiamo messo al mondo una figlia, per saperla violentata ogni giorno, psicologicamente e fisicamente.."
E così dicendo mi strinse una mano fra le sue..
martedì 6 settembre 2011
Mio padre, il mio Dio.
Non ero più andata a Piacenza. le scuse erano molteplici e varie, ma poco credibili evidentemente, tanto da ottenere reazioni ancora più "rumorose" da parte di Juri, che sentiva scivolare via il proprio dominio e venir meno, il potere che esercitava su di me.
La tensione che si era creata nella mia famiglia, il gelo che percepivo e l'indifferenza che dimostravano i miei genitori, nei miei confronti, aveva provocato una ferita molto profonda dentro il mio cuore. Ed è così che una mattina, decisi di affrontare mio padre.
Quella mattina la ricorderò per sempre, nitida, come se non fossero mai trascorsi gli anni. Ricorderò per sempre il viso di mio padre, mentre mi parlava, un misto fra rabbia, impotenza e dolore e non scorderò mai, neppure il tremore delle sue mani e delle sue labbra..
Così, dicevo, quella mattina, mi recai presso la località dove mio padre svolgeva il suo servizio lavorativo. Lo cercai con lo sguardo fra la folla, e subito lo vidi. Tralascio volutamente la professione di mio padre, ma non il suo aspetto fisico, imponente, che emergeva fra i comuni mortali. Così l'ho sempre definito. Un Dio, il mio Dio. Diverso da tutti gli altri uomini, per bellezza, gentilezza, disponibilità.
Ero rimasta bambina sotto questo aspetto. Mio padre continuava a essere il "mio uomo preferito", e ancora oggi lo è.
I suoi occhi azzurri, incrociarono i miei e per un attimo mi sembrò quasi che mi sorridesse, ma fu solo un attimo.
Raccolsi tutto il coraggio che potevo e gli dissi : " Papà devo parlarti " .
" Si, lo so, andiamo a sederci in un bar. Anch'io ho delle cose da dirti".
In silenzio, ci incamminammo verso il locale più vicino e una volta entrati, dopo aver ordinato due caffè, cercammo il tavolino più appartato che c'era.
Rimasi li, zitta, alla ricerca disperata delle parole. Un pò come quando a scuola, si deve iniziare un tema, e non vengono le frasi giuste e a effetto, per catturare l'attenzione del professore che dovrà dare la valutazione.
Ma fu lui a rompere il silenzio pesante che si era creato.
E fra tutte le cose che non potrò mai dimenticare, non dimenticherò mai neppure le parole che stava per pronunciare.
lunedì 1 agosto 2011
Il diario.

Non potevano averlo letto, non l'avevano mai fatto prima. Mia madre aveva sempre decretato che non avrebbe mai letto i diari delle sue figlie, come dimostrazione della fiducia che dava loro. Almeno fino a quando questa fiducia non sarebbe venuta a mancare.
Troppe bugie avevo raccontato, troppe scuse a cui, solo un genitore che vuole continuare a nutrire questo sentimento di fiducia, può credere.
Presa dall'angoscia del sospetto che potessero aver appreso le cose terribili che conteneva quello "scrigno", feci una prova.
Una mattina, prima di recarmi al lavoro, misi sulla copertina rigida del mio "scrigno" un pezzettino semi-invisibile di carta. Se durante la mia assenza, qualcuno l'avesse aperto, il frammento di carta sarebbe scivolato via, e io non l'avrei più trovato. Avrei invece trovato conferma al mio sospetto.
Un paio di giorni dopo, quel pezzetto di carta, non c'era più..
La verità, una lama che penetra fino al cuore.
Parole minacciose e biascicate, rese poco fluide dagli effetti dell'alcool, miste a pianti di sfogo, poi di nuovo, una sfilza di cattiverie ed accuse gratuite.
Non c'era orario. Potevano essere le due di notte, piuttosto che le quattro del mattino.
Non riuscivo più a controllare la situazione.
Qualche volta ho provato a staccare la cornetta, furtivamente, prima di andare a letto, ma non potevo farlo sempre.
Avevo nonni anziani, e se mai fosse accaduto qualcosa, non avrebbero avuto l'opportunità di chiedere aiuto.
Forse, furono proprio questi ultimi accadimenti che diedero la conferma ai miei genitori, di un sospetto latente e rifiutato fino a quel momento.
Il loro atteggiamento, nei miei confronti, divento improvvisamente distaccato e freddo.
La loro affettuosità diminuì, fino a sparire completamente. Non mi parlavano se non lo stretto necessario. Sparirono i sorrisi, le parole scherzose, gli abbracci a cui son sempre stata abituata.
Dal mio canto, facevo molta fatica anch'io a combattere questa freddezza. Sapevo di averli presi in giro da anni, e questo fatto mi provocava una morsa allo stomaco che non ne voleva sapere di attenuarsi. E questo agiva come freno.
Era chiaro che loro a quel punto, sapessero, ma non riuscivo a capire come e soprattutto cosa potessero sapere, e da chi poi.
Sospettai che Maddalena avesse spifferato tutto, ma la accusai ingiustamente. La fonte dalla quale avevano attinto, era un'altra..
Giustificazioni.
Ero in attesa della richiesta di spiegazione da parte di mia madre, sul motivo della telefonata notturna, che ovviamente non tardò ad arrivare. Avevo passato la notte a pensare ad una giustificazione, una scusa da fornire nel modo più disinvolto possibile.
" Ma.. cosa voleva Juri?"
" Oh niente. Aveva mal di denti poverino, e mi ha chiesto cosa potesse prendere per attenuare il dolore "
" E ti chiama alle 2 del mattino..?"
Scazzata, come coloro che subiscono una ingiusta inquisizione, balzai dalla sedia.
" Ma se aveva male a quell'ora, cosa doveva fare? Stare con il dolore tutta la notte, per la paranoia di disturbare? Solo noi abbiamo questi stupidi preconcetti sugli orari da rispettare. E poi manco ci avrà pensato. Quella è l'ora in cui smettono di lavorare e per lui è del tutto normale pensare che le persone siano ancora sveglie, visto che solo a quell'ora le piazze si svuotano delle persone che si divertono alle feste patronali "
" Certo.." bofonchiò mia madre, uscendo dalla cucina " ..E' del tuttonormale.. a metà settimana ".
Non ero stata sufficientemente credibile.
Maddalena, seduta davanti a me, scosse la testa, ed approfittando dell'assenza di mia madre, sussurrò " Devi trovare una soluzione, ti metterà nei casini.."
sabato 30 luglio 2011
Non è il trillo del telefono, ma un campanello d'allarme.
Nel cuore della notte a cavallo di due giorni a circa metà settimana, il trillo del telefono squarciò il silenzio di casa mia. Balzai dal letto, senza rendermi conto, in quella frazione di secondo, se potesse trattarsi della sveglia, o del telefono.
Questa seconda ipotesi, mi sembrava impossibile. Nella mia famiglia, non si usava telefonare dopo le 22.00, se non per qualche accadimento tragico.
E fu proprio quello il pensiero.
Risposi con un " pronto" quasi afono, perchè l'agitazione non permetteva alla mia voce di uscire liberamente.
Dall'altro capo del filo, la voce roca e impastata di Juri.
Fui presa dal panico. Mia mamma, spaventata e travolta dagli stessi miei pensieri, era in piedi, sulla porta della sua camera da letto, con lo sguardo fisso sul mio, in attesa di avere notizie su chi vi fosse al telefono, aspettando probabilmente la cattiva notizia che credeve stessi per darle.
Cercai di essere disinvolta, ma non credo sia il termine giusto. Sorrisi a mia mamma, con il sorriso più cretino che abbia mai fatto, dicendole semplicemente " No mamma, non è niente , è Juri.." . Come fosse la cosa più normale di questo mondo, che Juri mi telefonasse ( Non l'aveva mai fatto) e soprattutto che lo facesse alle 2 di mattina.
Mia madre stette ancora qualche secondo nella stessa posizione, poi tornò a letto. Tirai un sospiro di sollievo. Non avrei retto il suo sguardo ancora per molto.
" Cosa c'è Juri, cosa è successo?" bisbigliai. Lui iniziò a ridere, e contemporaneamente a ringhiare come un cane feroce. " So che ti vedi con qualcuno, ma io ti ammazzo.. Ammazzo te e tutta la tua famiglia. O mi fai uscire di qui, o vieni tu e rimani in gabbia con me, fino a quando ho scontato la pena. Se non lo fai, ti ammazzo. Giuro. Hai capito ? Sono stato chiaro? Ti voglio qui puttana. Credi sia scemo? Domani prendi le tue quattro cose e mi raggiungi, sennò ti vengo a prendere io. Non farmi arrivare li, non ti conviene.."
Il sapore della paura.
sabato 19 marzo 2011
Trasferimento
Trovare il caseggiato in mezzo a quell'alveare di case popolari di 10 piani ciascuna, fù un'impresa. C'erano civici, interni di civici e interni degli interni dei civici. Ci mettemmo di più a rinvenire la palazzina che a percorrere il tragitto che da Torino arriva a Piacenza.
Finalmente, nel primo pomeriggio arrivammo a destinazione, Inequivocabilmente, nello spiazzo frontestante lo stabile c'era parcheggiato un grosso autocarro con la scritta " Famiglia Darbadi, giostre".
L'appartamento si trovava all'ottavo piano di uno stabile palesemente popolare, di costruzione abbastanza recente, ma tenuto piuttosto male.
Fummo accolte in maniera molto famigliare dai cugini di Juri, una coppia di coniugi sulla trentina, senza figli ma con un paio di yorkshire che appena ci videro iniziarono ad abbaiare come dei forsennati.
La casa era molto decorosa, ma piuttosto spoglia. Ci fecero accomodare in un salottino dove il volume della televisione faceva da padrone, e mentre lui, Nino, ci intratteneva facendoci domande sui rapporti che avevamo con il resto della famiglia, lei, Francesca arrivò con un vassoio sul quale aveva riposto dei biscotti e le tazzine di caffè.
venerdì 18 marzo 2011
Vado avanti
La vita continua..
venerdì 11 marzo 2011
Leggendo dentro..
Dopo qualche secondo mi allontanò, e mi sorrise guardandomi negli occhi.. " Ti sei divertita Nini a casa di Nadia..?" mi domando. " Si tanto mamma. Abbiamo dormito nei sacchi a pelo sparsi sul pavimento perchè non c'era posto per tutti.." risposi..
Ora che anche io sono mamma, posso comprendere ciò che non compresi quella sera.
Pensavo di averla fatta franca, pensavo che mia madre avesse incassato le mie bugie, pensavo di essere stata convincente con le mie parole e i miei occhi che volevano evitare di essere sfuggenti.
Invece le mamme leggono dentro..
Le mamme sanno tutto ed a volte tacciono..
Profumo di casa
Maddy..la mia piccola sorellina, la mia grande complice. Maddy, che ancora oggi a distanza di anni, è la mia amica migliore e una delle tre donne più importanti della mia vita. Maddy, con la quale non ricordo di aver mai litigato.
I miei genitori fortunatamente non c'erano, così ebbi tempo di infilarmi immediatamente sotto la doccia e togliere quell'odore strano di canfora mista a legno bruciato che mi sentivo addosso.
Mentre mi lavavo Maddy si sedette sul coperchio della tazza del cesso, e iniziò a bombardarmi di domande, non riuscendo neppure ad aspettare la risposta di quella precedente che già era passata alla successiva.
Mi asciugai i lunghi capelli e mi infilai un pigiama pulito, profumato di Coccolino.
Quindi iniziai ad apparecchiare il tavolo, visto che ormai era quasi ora di cena.
L'impressione che avevo mentre appoggiavo piatti e bicchieri sul tavolo di fòrmica verde, era di essere sempre rimasta li a casa, di non essermi mai mossa. Allora, forse, era stato tutto un sogno, forse era ancora il 30 dicembre e dovevo ancora vivere tutto.. E forse la realtà sarebbe stata diversa, magari meno deludente.
A volte mi piace avere questi pensieri strani. Ho tanta immaginazione e mi piace giocare con le mie sensazioni. E non parlo solo di allora..continuo imperterrita anche oggi...
mercoledì 9 marzo 2011
Finalmente a casa

Arrivammo alla Foce più o meno verso le 14.00. Il tempo di salutare la numerosa famiglia, quindi io e Lucia ci mettemmo in cammino, sulla strada del ritorno.
Ricordo che non parlammo fino al casello di ingresso in autostrada. Entrambe eravamo immerse nei pensieri.
Una volta imboccata l'autostrada, le chiesi il motivo del suo silenzio.
C'è da dire una cosa che non ricordo sia già stata detta. Lucia era innamorata persa di Rubens, ma quest'ultimo non lo era assolutamente di Lucia. Ci giocava, ci scherzava, ma fra loro non c'era stato mai neppure un bacio. Così venne fuori che lei da questo breve soggiorno, aveva avuto grandi aspettative. Tutte rovinosamente crollate, visto che Rubens si era guardato bene di fermarsi a Neirone e dividere il letto con lei a capodanno, anzi, non era neppure presente al momento dei saluti, perchè sembra non fosse ancora rientrato dalla serata che, dopo la cena da nonno Giacomo, aveva continuato in qualche discoteca con amici. Probabilmente era invece finito nel letto di qualche gnoccolona genovese.
Lucia quando era triste e delusa, non piangeva. Non piangeva mai a dire il vero, ma le veniva una rabbia atroce. Così per tutto il tragitto sfogò la sua rabbia lanciando maledizioni e sciagure varie verso il povero e ignaro Rubens e verso tutto il resto della famiglia.
Finalmente verso le 17.00 fummo a Torino. Mi lasciò davanti a casa dandomi un freddo saluto e ripartì in direzione del paese.
Prima di salire a casa stetti sul marciapiede a guardare il balcone della mia camera, godendo del solo pensiero che li dietro c'era la mia stanza calda ed il mio letto pulito. Riuscivo da li sotto a sentirne il tepore.
Che strana la vita. Avevo provato gioia infinita, poche ore prima, al pensiero di raggiungere Juri a Neirone, ed ora provavo con la stessa intensità, gioia infinita per essere tornata a casa.
Pensai che è proprio vero che non si è mai contenti di nulla.
martedì 8 marzo 2011
Disgelo..
Si diresse verso la stufa e si rannicchio vicino ad essa, come se volesse abbracciarla. Mi venne da ridere a vederla raggomitolata a cercare di assorbire calore, come un serpente. In fondo era una vipera. Il paragone mi faceva davvero sorridere.
Stette qualche minuto in quella posizione, poi venne a sedersi vicino a me, cercando di accaparrarsi un lembo del mio plaid che tenevo invece saldamente per evitare che anche solo una parte del mio corpo si scoprisse.
"Racconta...Com'è andata..? " chiese con un mezzo sorriso. Non feci in tempo a rispondere che sentimmo il rombo di un motore e rumore di pneumatici , accarezzare i ciotoli dello sterrato antistante la cascina. Il motore si spense e una portiera fù fragorosamente sbattuta. Pochi passi sul selciato e sull'uscio di casa comparve Marco.
lunedì 7 marzo 2011
La luna si nasconde..
martedì 1 marzo 2011
Voglio te..
Nonno Giacomo, ( così lo chiamavano tutti ), aprì un mobiletto tirando fuori un paio di asciugamani, e porgendoceli, invitò Lucia e me a seguirlo al piano superiore. Lento come una tartaruga stanca, iniziò a salire le scale. Imboccammo un corridoio gelido, e ci fermammo davanti alla porta di una stanza.
" Questa è la vostra camera " disse, "ed il bagno è quella porta al fondo del corridoio. Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi, io dormo sotto ".
Non avevamo portato nulla con noi, non avevamo pigiami nè detergenti per la pulizia personale. Che stupida ero stata.. Eppure immaginavo e speravo di poter passare la notte con lui, e non mi ero organizzata.
La stanza era un frigo, e Lucia, superato il primo momento di disorientamento, disse che non si sarebbe tolta nemmeno le calze, ma avrebbe dormito completamente vestita com'era.
Le lenzuola erano felpate e profumavano di pulito. Beh, perlomeno erano state cambiate in previsione del nostro breve soggiorno.
La porta della stanza si aprì improvvisamente, e la figura di Juri ci si presentò di fronte. "Vieni" disse e girandosi si diresse verso il fondo del corridoio.
Come un'automa presi la mia borsa ed andai.
Entrammo nell'ultima stanza, che capiì essere la sua, in quanto disordinatissima.
C'erano pantaloni e maglioni buttati sulle sedie, e scarpe sul pavimento in ordine sparso. La temperatura era identica a quella del resto della casa. Mi sembrava di essere al Polo.
Si sedette sul letto matrimoniale, che al contrario di quello dove avrebbe dormito Lucia, era un campo di battaglia, e iniziò a spogliarsi.
Io invece rimasi per qualche minuto in piedi, ferma nella stessa posizione. Avevo freddo cacchio. Un freddo bestiale di quelli che una volta entrato nelle ossa si impossessa di tutto il corpo e non se ne và manco se abbracci una stufa.
" Beh? ..cosa aspetti..? Non vuoi festeggiare ? Lo conosci il detto no..?" Disse con un sogghigno animalesco..
venerdì 11 febbraio 2011
L'ospitalità di Giacomo
Era seduto su una vecchia sedia, davanti ad una grande stufa a legna, all'interno della quale stava cercando di infilare grossi pezzi di legno secco.
Si alzò e iniziò a salutare i parenti, stringendo mani ed elargendo baci alle donne ed ai bambini. Letizia mi presento.."Papà.. chila alè la fia d'Juri" .. ( ..lei è la ragazza di Juri..).
Credo che quell'uomo provò un'immediata simpatia nei miei confronti, e lo capii da come mi abbracciò. D'altra parte era reciproco; a pelle mi piaceva tanto. Era la versione striminzita di Babbo Natale.
L'ambiente che ci ospitava era un'enorme stanza con al centro un altrettanto enorme tavolo di legno scuro massiccio, al fondo della quale c'era il così detto "angolo cottura" composto da un lavandino in marmo, un decrepito frigo bombato, ed un gas a 4 fuochi che penso non incontrasse una spugna e un detergente da anni.
Sormontavano lavandino e cucina alcuni stipetti all'interno dei quali erano riposte le stoviglie.
Dall'altro lato della stanza c'era un divano di stoffa semisfondato, e su un piano con le rotelle c'era un piccolo ed antichissimo televisore.
In un battito d'ali, gli uomini della famiglia montarono nel mezzo della stanza, due cavalletti al di sopra dei quali misero delle assi di legno, per allungare il tavolo. E in brevissimo tempo, quel grandissimo tavolo improvvisato, fù coperto da tovaglie colorate e riempite di ogni tipo di cibaria e di bevanda.
La stanza era abbastanza calda. Nel resto della casa invece sembrava di essere dentro ad un frizzer.
La serata andò bene, mangiammo, e finimmo la cena proprio qualche minuto prima della mezzanotte..
A tavola ero seduta distante da Juri, che giustamente aveva preso posto vicino ai genitori ed ai fratelli. Ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano, ed ogni volta che succedeva, sentivo un brivido correre lungo tutta la colonna vertebrale.
Il conto alla rovescia, ci trovò tutti quanti in piedi, e mi permise di avvicinarmi impercettibilmente a lui, senza essere notata.. Volevo essere la prima a baciarlo.
Lo scoccare della mezzanotte fù accompagnato dai botti dei tappi delle bottiglie di spumante che saltavano da ogni parte. Lo baciai per prima.. Almeno un desiderio l'avevo esaudito. Fù un bacio dato distrattamente sulle labbra. Avrei voluto piangere, ma l'orgoglio e la vergogna me lo impedirono. Il volume della televisione venne alzato al massimo da qualcuno, e le note musicali del programma in onda, riempirono la stanza di allegria.
I bambini ballavano e poco dopo anche qualche adulto si scatenò nelle danze. Il vino nero che aveva accompagnato la nostra cena, unito ai fiumi di vino bianco che bevevamo come buon auspicio per il nuovo anno, fecero il loro effetto.
Alcune coppie si lanciarono in sensuali balli corpo a corpo, e i giochi di mano diventavano sempre più audaci.
Quando la pendola suonò le tre, il padre decise che era arrivata l'ora di andare. Bastò il tono della voce deciso e come in una magia, tutti iniziarono a rivestirsi.
In verità, nessuno mi aveva chiesto dove avrei passato la notte. E me ne accorsi solo in quel momento, quando, vedendo prepararsi tutti i componenti della famiglia, mi chiedevo cosa dovessi fare, o meglio, cosa si aspettavano che facessi.
Ma a nessuno sembrava interessare.
Credo che Juri percepì questo mio disagio, perchè avvicinandosi a me, mi disse " Tu e Lucia state qui.. Tu dormi con me...Loro lo sanno"
giovedì 10 febbraio 2011
La fantasia salvezza della delusione

Freddo dentro e freddo fuori
mercoledì 26 gennaio 2011
Si và..
A fine pranzo aiutai le donne a sistemare, poi Rubens caricò me e Lucia in auto e ci portò a visitare il centro di Genova, con i suoi vicoli stretti e caratteristici; qualcuno anche malfamato.
Il programma era il seguente: alle 20.00 saremmo tutti partiti destinazione Neirone, la località dove si trovava il mio amato Juri e dove avrebbe dovuto scontare la sua pena detentiva. Finalmente l'avrei riabbracciato. Ancora non riuscivo a crederci.
Il pomeriggio passò abbastanza velocemente, e verso le 17.00, quando ormai del sole rimaneva soltanto un tenue alone all'orizzonte, io e Lucia iniziammo a stressare Rubens affinchè ci riaccompagnasse alle carovane. Dovevamo prepararci. Io specialmente volevo essere bellissima. Volevo abbagliare il mio uomo, volevo tramutare un banale capodanno, in una situazione che lui avrebbe ricordato per sempre. Volevo fosse una notte speciale e soprattutto, volevo insegnargli a fare l'amore, quello vero, fatto di passione e di dolcezza.
Mi truccai con molta cura, senza esagerare ma in modo da mettere in risalto i miei occhi chiari, resi ancor più luminosi dal pensiero che di lì a poco avrei rivisto lui.
Non misi abiti sexy, non sono il tipo che indossa vestiti appariscenti, ma mi sentivo elegantisima con i miei jeans GA desiderati e ricevuti come regalo di Natale dai miei genitori, e la mia camicetta bordaux.
E finalmente arrivò il momento della partenza.
Ci radunammo sul piazzale antistante le carovane. I bambini chiassosi erano eccitatissimi, mentre le donne, cariche di borse frigo all'interno delle quali avevano riposto tutto quanto avevano cucinato per il cenone, discutevano animatamente sui posti da occupare sulle auto che ci avrebbero portati a destinazione.
Io e Lucia salimmo in auto con Pablo e Valentina. Sedute entrambe sul sedile posteriore, venimmo subito assalite dai bambini, che facevano a gara per chi poteva occupare il posto accanto a noi.
La carovana di automobili finalmente si mosse..Puntuali alle 20.00 destinazione Neirone.