sabato 30 luglio 2011

Il sapore della paura.

Juri fece capolino nel salotto, svegliato dal profumo del caffè. Si buttò svogliato sul divanetto e senza neppure rivolgerci un saluto, commentò un qualcosa sul programma che stava seguendo Nino. Ingurgitò una tazzina di caffè, poi alzandosi, venne verso di me. Mi prese per un braccio e mi portò nella camera attigua, per il solito "protocollo".

Ma c'era qualcosa che lo turbava quel giorno. Non era solo l'alcool a renderlo irrequietò. Iniziò ad accusarmi di avere una vita normale, mentre lui era costretto fra le mura di quell'appartamento. Si incattiviva perchè avevo l'opportunità di vedere altre persone, con la palese insinuazione che potessi frequentare altri uomini. Iniziava a non sopportare più la detenzione.

Lui, nomade.. Lui anima libera e randagia, aveva raggiunto il limite della sopportazione.

Cercai di tranquillizzarlo, raccontandogli di una vita semplice, divisa fra lavoro e casa. Rassicurandolo che nessun uomo avrebbe mai potuto conquistare il mio interesse, anche solo superficiale. Ma i suoi occhi avevano una luce bestiale. Io credo che, se avesse perso quel poco senno che gli era rimasto, avrebbe anche potuto uccidermi. Era.. rancoroso.

Non vedevo l'ora di andarmene via.

Così, mentre mi davo a lui, cercai di concentrarmi sui rumori di casa. I cani, la televisione, una lavatrice impegnata nella sua folle centrifuga, le voci degli amici, rese quasi impercettibili dagli altri rumori.

Sentire la casa viva e vissuta, mi aiutava a stare più tranquilla, perchè quel giorno, ho provato cosa significa aver paura.

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