mercoledì 28 luglio 2010

Voglio pagare..



Tornai la sera successiva, ed anche quella dopo, con il mio prezioso carico composto da lattine di Tuborg nascosto nello zaino.
Maddalena protestava ogni volta che uscivo di casa, voleva accompagnarmi, ma era impossibile. Lui voleva la birra ..e me. Solo questo.
Ogni sera si ripeteva la stessa scena. Ormai sapevo dove passare e come bussare, non era neppure più necessario farmi annunciare dalla cognata o dal fratello.
Entrata nella campina gli consegnavo lo zaino, all'interno del quale frugava alla ricerca della sua dipendenza. Beveva tracannando la bevanda alcolica e mi prendeva. Sempre nello stesso modo, sempre con la stessa fretta. Arrivai anche a pensare che questi amplessi armoniosi e ricchi di particolari eccitanti che raccontavano le mie amiche e le mie colleghe, esistessero solo nelle loro fantasie e nei film porno. Ma mi andava bene lo stesso, l'importante era vederlo soddisfatto ed appagato, ed apparentemente, ogni volta che me ne andavo, lo era.
Da incosciente non mi ponevo il problema del concepimento, me lo ricordò lui quando una sera mi chiese se avevo ritardi del ciclo. Poi aggiunse " Se rimani incinta meglio, prendi la tue cose e ti trasferisci qui da mio fratello. Prima ci sposiamo, meglio è. Ho bisogno che la mia donna mi stia vicina, e che si prenda cura di me. Dovrò affrontare un lungo e difficile periodo e ti voglio accanto.. Ho deciso di costituirmi e di pagare ciò che devo. Questa latitanza mi farà morire, ho parlato con l'avvocato. Domani mi presenterò ai Carabineri di Asti...Sia quel che sia, ma tu ci devi essere.."
Era fine ottobre, e nonostante la temperatura fredda annunciasse un rigido inverno, il mio corpo fu pervaso da un calore insopportabile.

Due cuori ed una campina..

Valeria busso con forza sulla porticina.
" Juri..duerta sun mi..."
Poi senza aspettare girò i tacchi e se ne andò.
Io rimasi qualche secondo che mi sembrò eterno, ad aspettare e quando la piccola porta bianca si aprì, trovai di fronte a me un Juri invecchiato.
Era dimagrito, il viso scavato e stanco. Aveva tagliato i suoi lunghi capelli biondi e l'immagine era quella di un uomo consumato.
" Entra" fu la prima parola che pronunciò, nessun saluto, nessun abbraccio, nessun sorriso...
Mi tornò alla mente ciò che era successo a maggio; strano, fino a quel momento non ci avevo pensato, invece ora le gambe mi tremavano.
Lo spazio interno delle campine è molto limitato, per cui entrai e mi posizionavi sul lato opposto del letto sfatto, mentre lui chiudeva la porticina assicurandola con un chiavistello artigianale.
Poi si mise seduto sul letto "Cosa fai in piedi..? Vieni qui.."
Probabilmente scorse nei miei occhi tutto il film che in quel momento proiettava la mia mente, e quindi la paura, perchè a quel punto il suo sguardo si fece dolce.. " Vieni vicino a me.. non ti farò del male.."
Lo raggiunsi, e facemmo l'amore.
Oh, non fù sicuramente come la prima volta, non era ubriaco, non fù violento e io non mi opposi, ma fù un amore molto meccanico. Nessun preliminare, nessuna coccola, nè prima nè dopo, non ci spogliammo neppure completamente. Doveva sfogare un istinto e saziare un bisogno fisiologico, placare una voglia dettata dall'astinenza forzata.
Ricordo che ero molto impacciata, non sapevo come muovermi, dove mettere le mani.. in fondo era come fosse la prima volta. Si certo non ero bacchettona, in teoria sapevo perfettamente cosa si doveva fare ma un conto è saperlo, un'altra cosa è mettere in pratica, specialmente quando il patner vuole concludere velocemente per la troppa voglia.
Infatti durò molto poco, e non mi vergogno a dirlo, ma nel frangente credetti anche di essere frigida, perchè non provai alcun piacere in ciò che feci.
Terminato si rimise i pantaloni, si accese una sigaretta e guardando sospettosamente fuori dalla finestrella, mi domandò se potevo tornare l'indomani sera. Naturalmente non c'era problema, speravo in quella domanda, come speravo che fosse legata alla volontà di stare con me.
Probabilmente desiderava anche vedermi, chissà, ma non fù quella la sensazione che ebbi, quando nel congedarmi si raccomandò di portare con me qualche lattina di birra.
Quando la porta bianca della roulotte si chiuse alle mie spalle, il silenzio avvolgeva il campo. Non era tardi, ma le famiglie erano rinchiuse nelle rispettive carovane. Forse perchè era umido e faceva freddo.
Era la prima volta che mi trovavo in un insediamento in quel periodo preinvernale.. e come era diverso rispetto all'estate. Per la prima volta provai un senso di tristezza e di angoscia per quello stile di vita.
Passai a prendere Maddalena da Valeria e salutando annunciai che ci saremmo riviste la sera dopo.

sabato 24 luglio 2010

Cuore in tilt..

Mano a mano che mi avvicinavo, vedevo sempre più distintamente i colori delle carovane dei Sinti. Ce ne sono di bellissime, che una volta piazzate, si aprono a fisarmonica creando all'interno dei saloni favolosi. Nulla da invidiare ad un comune appartamento.
Ci sono ditte specializzate che ne curano gli arredamenti, per cui tutto all'interno è armoniosamente su misura.
Allungai il passo.. e scorsi immediatamente la carovana di Pablo e Valeria. Bella, cromata, con le tendine di pizzo alle finestre e le biciclette dei bambini all'esterno, addossati alla carrozzeria.
La familiarità di quella visione creò in me eccitazione.
Quando fui davanti alla scala che conduce alla porta d'ingresso, avevo ilcuore che batteva a 1000. Avessi indossato un cardio frequenzimetro, sicuramente avrebbe rilevato un battito da infarto.
Bussai.
Dopo qualche istante Valeria aprì la porta e d'impeto mi abbracciò quasi soffoncandomi, poi vide Maddalena e smorzando il suo sorriso, mi chiese il motivo per il quale avevo portato anche lei.
Entrai nella caravona, dove i bambini, intenti a guardare la televisione, si alzarono dal divano venendo educatamente a salutare.
Sapevo di aver fatto un errore portando anche mia sorella.
Nonostante il disappunto per la presenza di Maddy , Valeria la invitò a stare con i bambini, dandole l' incarico di fiducia di badare a loro mentre lei mi avrebbe accompagnata da Juri.
Maddy mi lanciò uno sguardo deluso; sicuramente sperava di vedere anche lei l'amico giostraio che durante le feste patronali la riempiva di gettoni dell'autoscontro. Ma sapevamo benissimo che non c'era la possibilità di contestare quanto già deciso, per cui mia sorella si sedette sul divano in alcantara blu mare, insieme ai piccoli, che non aspettavano altro per saltarle sulle ginocchia e giocare.
Valeria mi fece strada.
Uscimmo dalla carovana, e girando attorno ad essa, scorsi una campina bianca dalla quale non proveniva nessuna luce. Li era nascosto Juri.
I'ipotetico cardio frequenzimetro sarebbe andato in tilt...

giovedì 15 luglio 2010

Rom ..

Man mano che ci avvicinavamo alle roulottes dei nomadi, il loro vociare chiassoso alimentava la mia insicurezza. Avevo una tremenda paura, ma non tanto per me.. ma per Maddalena che ad ogni passo stringeva sempre di più la mia mano.
Ora anche senza musica a palla, non parlava più.
Un nugolo di bambini seminudi ci venne incontro correndo, e dietro di loro arrivarono due donne, vestite di abiti coloratissimi ma lerci. Cercai di impostare un sorriso cordiale e di ostentare una sicurezza che non avevo. Tremavo talmente tanto che temevo se ne potessero accorgere. ed il buio sicuramente non mi aiutava.
Il campo era illuminato da falò puzzolenti, alimentati da legno ma anche da meteriali di gomma o di plastica. I Rom notoriamente bruciano i cavi dei fili elettrici, prelevati chissà dove e chissà come, per ricavarne il rame che vi è all'interno, che poi rivendono a caro prezzo.
L'odore schifoso dei falò si mischiava al profumo della carne grigliata.
I bambini che ormai ci avevano raggiunte, ridevano, spingendosi uno con l'altro in un gioco fatto di nulla, osservandoci dalla testa ai piedi.
Le donne iniziarono a gesticolare parlando con tono alto e aggressivo in un italiano a malapena comprensibile.
Volevano sapere chi eravamo, e cosa ci facevamo nel loro insediamento, fino a quando vidi una figura maschile prendere forma da dietro le zingare. Una figura enorme, ai miei occhi spaventati, dove ciò che predominava era una circonferenza addominale sproporzionata, tipica di chi ingurgita litri di birra a qualunque ora del giorno e della notte.
Ciononostante, questa figura fù la mia salvezza. Zittì le donne con una parola, che non compresi, ma bastò quella per mettere fine alle urla dei bambini e delle rom, che con fare dimesso si spostarono abbassando il capo.
Quell'uomo, dall'olezzo ripugnante, e dai baffi importanti, mi chiese cosa ci facessi li.
Risposi semplicemente che cercavo il campo dei Sinti, e che mi ero persa; che non era stata mia intenzione disturbarli e con voce volontariamente sottomessa, lo pregai di aiutarmi.
Fù lui stesso ad invitarmi a seguirlo, accompagnandomi.
Passammo in mezzo al loro insediamento, e sembrerà assurdo che mi sia fidata della situazione, avrebbe potuto portarci ovunque e farci qualunque cosa, ma improvvisamente invece mi sentivo tranquilla.
Passammo in mezzo alle faticenti roulottes, dalle quali finestrelle facevano capolino visi incuriositi di giovani femmine e di bambini dallo sguardo severo, fino a quando raggiungemmo un'altra area da dove in lontananza si scorgevano le luci delle carovane dei sinti.
Li si fermò.
Fra i Rom ed i Sinti non scorre buon sangue. Pur essendo entrambi nomadi, i ceti sociali sono differenti. Anche la religione lo è, i Rom sono Mussulmani, i Sinti Cristiani.
Sembra una stupidaggine, ma quando a monte ci sono già delle radicate incomprensioni, basta una scintilla, un pretesto, per far nascere una guerra.
Mi disse che avrei dovuto continuare da sola. Poi mi guardo con uno sguardo quasi di tenerezza, o forse compassione, e si raccomandò, se mai fossi tornata a trovare i miei amici, di farmi indicare da loro dove avrei dovuto entrare, per evitare di ritrovarmi nella situazione vissuta poco prima.
Lo ringraziai, e mi incamminai. Lui stette ancora li, fermo a guardarci per qualche istante, poi ritornò verso i falò.
Credo fosse il capo villaggio.

mercoledì 14 luglio 2010

La Pellerina

Il mattino successivo mi alzai presto dopo una notte quasi insonne. Una pioggerellina autunnale cadeva fitta fitta e la prima cosa che pensai fù.."accidenti, l'umidità mi farà arricciare i capelli...".
Volevo essere bellissima per lui quella sera, e la giornata era ancora lunga. Il mio innato ottimismo mi portò ad immaginare che avrebbe smesso di piovere, e così fù.
Lavorai tutto il giorno cercando di concentrarmi su quanto stavo facendo. Un'impresa ardua.
Non parlai con le mie colleghe di quanto era accaduto la sera prima, avevo troppa paura che cercassero di convincermi a desistere, a non andare. Sapevo come la pensavano. Naturalmente non vedevano di buon occhio questo Sinto che definivano un emerito bastardo.
Tornai a casa prima del solito quella sera, mangiai con uno sforzo sovraumano, visto che l'ansia mi aveva letteralmente serrato lo stomaco. Poi mi preparai.
Dovetti inventare una scusa per uscire, non perchè i miei genitori non mi concedessero libertà , ma perchè portavo con me mia sorella, fatto inusuale per loro.
Quindi raccontai di una compagna di scuola trasferitasi nelle Marche, che non vedevo da tempo. Inventai che codesta compagna era ospite per qualche giorno dagli zii a Torino, e aggiunsi di averla sentita nel pomeriggio organizzando con lei una rimpatriata con annessa passeggiata in centro. In merito al portare con me Maddalena, affermai che la mia amica avrebbe portato con se la cuginetta, figlia degli zii che l'ospitavano.
Ora come ora, mi sembra una scusa ridicola, ma i miei genitori allora credettero. Avevano molta fiducia in me, ancora per poco però.
Raggiunsi in auto l'immenso Parco della Pellerina. La musica a palla della radio, aveva per un attimo messo a tacere mia sorella, che probabilmente eccitata per la situazione più che per il fatto di rivedere Juri, non era riuscita a stare zitta e ferma un solo minuto.
Parcheggiai l'auto sul corso adiacente al Parco, e scendemmo.
Lo sguardo iniziò a perlustrare il grande piazzale sterrato, che nel periodo di carnevale ospita le attrazioni, ai confini del quale inizia il Parco vero e proprio.
Premetto che La Pellerina è un parco immenso, attraversato dal fiume Dora. Non so quantificarne l'estensione, ma per rendere l'idea, potrebbe avere la stessa superficie di un vasto quartiere cittadino, con viali sterrati e non, che si inoltrano in mezzo a fitte boscaglie curatissime. All'interno sono presenti numerose aree ricche di attrezzi create per la ginnastica dei podisti, ed aree riservate ai pic nik domenicali. Ci si potrebbe addirittura perdere inoltrandosi in esso.
All'interno dell'area sterrata che ho menzionato poco fà, vi erano vecchie roulottes ed altrettanto vecchie grosse automobili , tipo Mercedes che nulla avevano a che fare con le campine e le carovane dei Sinti. Capii che erano insediamenti di zingari rom, e mi pentii di aver portato con me Maddalena, ma ormai ero li, non potevo tornare indietro. Mi feci coraggio, presi per mano mia sorella e mi incamminai verso l'ingresso, raccomandandomi con lei di non staccarsi da me per nessun motivo.