martedì 29 giugno 2010

mia sorella Maddalena..

Quella sera tornai a casa con una luce diversa negli occhi, tanto luminosa che persino mia madre si accorse di qualcosa, ma non osò approfondire.
Ovviamente i miei genitori non erano al corrente di nulla. L'unica persona della mia famiglia che era a conoscenza della storia era mia sorella, allora tredicenne. Lei sapeva della rapina e sapeva che ero innamorata di Juri, ma non conosceva i particolari della mia "relazione" . Le avevo risparmiato le parti più dolorose.
Con Maddalena avevo un rapporto bellissimo. Nonostante fra noi due ci fossero molti anni di differenza, il nostro rapporto era profondissimo, come lo è tutt'ora. Più matura rispetto alla sua età, era la mia confidente, e fiera di quel ruolo da grande, conservava le mie confidenze come reliquie.
A tavola Maddalena mi guardava sorniona, aveva capito anche lei che qualcosa era successo, mi toccava con la sua gambetta e quando alzavo lo sguardo verso di lei, ammiccava un sorriso malizioso. Sapevo che non vedeva l'ora di appartarsi con me per sapere, ed io non vedevo l'ora di farlo. avevo un bisogno incontrollabile di sfogarmi.
Finita la cena andammo nella nostra cameretta. Quanto era divertente tenerla in ansia, e rispondere in modo evasivo alle sue domande; poi quando neppure io non riuscii più a nascondere il motivo di tanta euforia, le dissi ..." domani sera vieni con me.. andiamo da Juri".

non si abbandona chi si ama..

Mi raccontò in breve che Juri si era messo in contatto con loro da subito, scusandosi, anche a nome del resto della famiglia, di avermi tenuto nascosto il fatto, mi spiegò la decisione di rimanere a Torino per non lasciarlo solo visto che era braccato e non aveva posto dove rifugiarsi. Alla fine del discorso mi pregò di non abbandonarlo proprio ora, che più che mai aveva bisogno di me.
Abbandonarlo..? Mai mi era passato tale pensiero nella mente. Era la mia vita, e tutto il resto non aveva nessuna importanza, per cui a quella affermazione risposi con una domanda .."quando devo venire?" .
La risposta fù .." da stasera in poi ...tutte le volte che puoi.."

mercoledì 23 giugno 2010

La rivelazione..

Con settembre arrivò l'autunno, e con l'autunno ricominciai a lavorare nel solito studio del solito Commercialista. Cercavo di tenere impegnata la mia mente, dedicandomi al lavoro, ed uscendo con le amiche di sempre, le quali come in una affettuosa gara di solidarietà, mi trascinavano nei locali più frequentati, nella speranza che qualche bel moretto potesse cancellare i miei ansiosi pensieri. Ma non davo spazio a nessuno, non permettevo a nessuno di entrare nella mia testa, non mi andava....
Una sera di fine settembre, terminata la giornata lavorativa, mi soffermai con le mie due simpaticissime colleghe Marinella e Rosy, davanti allo stabile ove lavoravamo. Era quasi un rito. Durante l'orario di lavoro, non sempre avevamo tempi morti per poter "cazzaggiare" , ma una volta chiuso lo studio, già in ascensore durante la discesa dall'alto piano in cui esso era situato , iniziavamo a tempestarci di cavolate, per terminare la giornata ridendo. Con loro era fantastico. Spesso ridevamo di nulla, ci bastava cogliere uno sguardo per iniziare con una serie di supidaggini senza senso. Ma il bello di essere giovani forse è anche questo.
Ci fermammo sul marciapiede qualche minuto, poi ci congedammo.
Mi incamminai verso la mia vettura, targiversando in quanto rovistavo nella borsa per trovare le chiavi della mia macchina, quando una figura familiare, ferma dall'altra parte della strada mi fece salire il cuore in gola.
Fermo, nella posizione tipica che assumono i sinti, appoggiato alla parete di uno stabile, intento a fumare una sigaretta, c'era Pablo, il quale appena accortosi che l'avevo riconsciuto, nonostante l'imbrunire, inarcò la schiena per staccarsi dal suo appoggio improvvisato, ed attraversò la strada venendo verso di me.
Mi sarebbe piaciuto trovarmi nei panni di un'altra persona per poter fotografare il mio viso in quel momento ed averne un ricordo nitido. Posso solo dire che l'impressione che avevo era che tutti i miei muscoli, non rispondessero più ai comandi. Provavo sensazioni che andavano dalla felicità di vederlo, ai sensi di colpa perchè fino a pochi minuti prima avevo riso, dando l'impressione di aver dimenticato la usa del mio dolore a chi mi vedeva dall'esterno.
Il suo saluto fù senza parole. Mi abbracciò in silenzio, poi si allontanò da me chiedendomi come stavo.
Parlammo per qualche minuto del più e del meno. Discorsi di circostanza del tipo "come state..?" fino a quando fù lui ad intavolare l'argomento a cui più tenevo.
Mi disse che lui e Valeria erano accampati all'interno del grande Parco della Pellerina. Strano pensai, non era mai successo che in quel periodo dell'anno qualcuno di loro fosse piazzato ad una così lunga distanza dal resto della famiglia. Poi aggiunse un paricolare.. Juri era con loro. Un calore si irradiò lungo tutto il mio corpo. Non esagero nel dire che ebbi una specie di mancamento. Mi sfogai mettendomi a piangere..

martedì 22 giugno 2010

la festa è finita..ma non c'è pace..

Il giorno in cui smontarono le giostre, fù uno dei giorni più terribili. Sapevo che da li a poche ore sarebbero ripartiti tutti verso la Liguria, ed avrebbero portato con se la risposta alla mia domanda.
Aiutavo le donne a riporre gli oggetti, a piegare i panni stesi, a rincorrere le galline che fino a quel momento avevano razzolato per la piazza ( sembravano animali domestici, non si allontanavano mai dalle carovane) per rinchiuderle nelle gabbie di metallo.
Eseguivo i miei compiti nascondendo le lacrime che bagnavano il mio viso. Credo di aver provato poche volte in seguito, un'angoscia così grande.
Non capivo Lucia, la mia amica. Lei, che per altro pur vantando la sua appartenenza alla famiglia, non so bene con quale ruolo, visto che non la considerava nessuno dei fratelli, non aiutava mai nelle faccende, se ne stava appoggiata alle transenne delimitanti la piazza, a sghignazzare con i ragazzotti del paese.
E beh ..certo... passata la festa quello rimaneva, quello era il suo mondo. Doveva riallacciare i rapporti, in previsione del lungo inverno, con coloro con cui li aveva interrotti all'inzio dell'estate.
Quello che non riuscivo a capire era il suo menefreghismo, la sua freddezza. Ma poteva mai avere così poca sensibilità? un'anima così spoglia? Avrei già dovuto conoscere la risposta, ma all'epoca non era così.
Nel primo pomeriggio incominciarono a muoversi i primi autoarticolati, una parte di me se ne stava andando via con loro.
Morii definitivamente quando a partire fù l'ultima carovana, quella di Marco e Letizia. Quest'ultima prima di salire nella cabina mi tirò a se e tenendomi stretta mi sussurrò " ..ti faremo sapere.. stai tranquilla".
Dimenticavo di dire che Letizia era stata a sua volta una Camminante. Proveniva da una famiglia di stanziali non molto agiata che abitava nelle montagne poste alle spalle di Genova. Forse lei era l'unica che in quel momento mi capiva.
Io seguii con lo sguardo il grande mezzo, fino a che lo vidi scomparire al fondo della strada comunale, dove la stessa si immette nella provinciale. Marco prima di svoltare a sinistra in direzione di Asti, dove avrebbe poi imboccato l'autostrada, suonò a lungo le trombe bitonali del tir.. mi stava salutando...

la rapina..

Cenai velocemente ... o meglio ingurgitai ciò che mia madre aveva cucinato, senza nemmeno sentirne il sapore. L'aiutai a sistemare come sempre. Mentre liberavo il tavolo dalle stoviglie, all'improvviso sentii in lontananza rimbombare dalle potenti casse dell'autoscontro la musica. Ciò mi diede un apparente sollievo.
Decine di pensieri e di supposizioni, si accavallavano nella mia mente, mentre le note di Der Kommissar riecheggiavano nell'aria raggiungendo le mie finestre.
Alle 21.00 ero nuovamente in piazza. Le attività erano apparentemente quelle di sempre, ma i visi dei miei amici giostrai avevano espressioni che non conoscevo.
Mi infilai nella carovana della mamma. Era la prima cosa che facevo quando arrivavo. E' un segno di grande rispetto salutare i capi famiglia prima di qualunque altra cosa.
In realtà quella sera non pensai alle gerarchie da rispettare, avevo bisogno di sapere cosa fosse successo, e nulla mi fù nascosto.
Seduta vicino al tavolo, la madre accarezzava la tovaglia con movimenti continui e lenti, quasi autistici, fissando il movimento delle proprie mani. Vicina a lei, in piedi c'era la figlia Karin, che seguendo quasi lo stesso ritmo, le accarezzava la spalla.
Al mio ingresso, Karin si fermò e cercò di sorridermi, invitandomi a sedere. Poi iniziò a parlare. Mi disse che nel primo pomeriggio a San Paolo Sobrito, tre ragazzi armati avevano eseguito una rapina in una tabaccheria, in realtà una di quelle botteghe tipiche dei paesini, ove oltre ai sali e tabacchi, ci puoi trovare di tutto. Continuò, dopo una pausa.. anche se non era necessario essere prespicaci per immaginare il continuo. Bonzo, Ceres e ovviamente Juri, erano i tre rapinatori. Intercettati a seguito della segnalazione fatta dall'esercente dopo il fatto, erano stati inseguiti dai carabinieri lungo le strade delle colline astigiane, fino a quando si erano visti costretti ad abbandonare l'auto per continuare la fuga a piedi.
Ma mentre i primi due, venivano catturati dalle forze dell'ordine, Juri riusciva a far perdere le proprie tracce. Portati in Caserma, fornivano immediatamente l'identità del loro amico, dando tutte le coordinate per poterlo rintracciare presso la sua famiglia, dove pensavano fosse andato a rifugiarsi.
Sinceramente in quel momento, l'unica cosa che mi interessava, non era l'accaduto di per se, ma sapere dove fosse lui. Sapevo anche che mi era vietato chiedere, ci sono regole da rispettare e cose che non si domandano, si aspetta il momento giusto per essere spontaneamente informati da chi decide che è l'ora di farlo. In quel frangente però non riuscii ad evitare la domanda, ma naturalmente non ricevetti risposta....

lunedì 21 giugno 2010

Le gazzelle non sempre hanno le zampe..

Potevano essere le 18.00 ( il ricordo è nebuloso) quando giunsero in piazza tre gazzelle dei Carabinieri. Ovviamente le attenzioni di tutti si rivolsero a quella insolita presenza. Non riconobbi nei componenti delle pattuglie, i carabinieri del paese, che conoscevo benissimo, trattandosi di una piccola Stazione.
Scesero dalle auto, vidi andare loro incontro Marco, ed il piccolo Marcello, che dopo pochi minuti fù allontanato dallo stesso fratello maggiore, con un gesto di stizza, mentre le donne, uscite dalle rispettive carovane e campine, non azzardavano ad avvicinarsi, osservando impietrite.
Dalla mia postazione potevo vedere chiaramente la conversazione esagitata, Marco gesticolava come mai avevo visto in precedenza, ma per ovvi motivi, non sentivo nulla di ciò che si stavano dicendo.
Poi con movimenti autoritari ( che solo ora capisco, e chi mi conosce sa perchè..) I gendarmi si divisero in due gruppi ed iniziarono a perlustrare l'interno delle roulottes.
L'ansia che già in precedenza provavo, si trasformò in paura. Sentivo che tutto ciò era legato a Juri, lo sentivo senza saperne ancora il motivo. Non osavo allontanarmi dalla posizione in cui mi trovavo, sapevo di non poterlo fare. Le donne, se non interpellate, devono tacere...
Di li a poco mi raggiunse Pablo. Le sue uniche parole, mentre chiudeva i battenti della giostra furono "vai a casa".
Non ebbi nè la forza nè il coraggio di domandare nulla. Scesi in silenzio dal carro e me ne tornai a casa mia.